Riflessioni Lectio 7 Novembre
(Mc 12, 38-44)
In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: “Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa”. Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: “In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.
Il Commento.
Nella prima parte del racconto viene criticato il comportamento degli scribi, più precisamente di quelli che “amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi … e i primi posti … e pregano a lungo per farsi vedere”. Risulta un atteggiamento puntato sull’apparenza, quindi superficiale. Desiderano solo riconoscimento e considerazione di importanza da parte del popolo. Poi nella seconda parte Gesù sposta il suo sguardo, (ed) osserva altri soggetti presenti nella folla. La condotta degli scribi appena descritta risulta simile a quella dei tanti ricchi che Egli vede gettare le loro molte monete. Quello che hanno di più, i propri soldi. Appare che in questo modo essi facciano la propria parte dando un contributo anche sostanzioso, ma in realtà, solamente “hanno gettato parte del loro superfluo”. Non si sono privati di nulla, forse credono di essere a posto con la propria coscienza. Questo tipo di comportamento non regge di fronte alla figura della vedova che riesce a dare solamente due monetine. La vedova è abbandonata dalla società, non ha più nessuno a cui appartenere, non ha più una famiglia, aveva lasciato quella di origine e ha perso pure quella che aveva. È l’ultima, si trova ai margini della società. L’unica ricchezza che ancora possiede è la fede. Gli è rimasto poco niente, ma poteva ancora aggrapparsi a questo. Invece non ha avuto alcuna riserva, non ha trattenuto nulla per sé, ovvero ha consegnato tutta se stessa in quel poco, che rappresentava “tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”. Così come la condotta di quei ricchi può essere riferita a certi politici o potenti di oggi. Ciò che ci viene suggerito è di abbandonare l’esteriorità, non occorre curarsi delle proprie vanità o dei propri beni, puntare su di essi; non serve concentrarsi sulla buona reputazione da mantenere. Farsi vedere, e facendo, cercare di sentirsi a posto nei confronti degli altri. Sorge una domanda: Ma allora a che cosa siamo attaccati? A chi devo rendere conto? Forse agli uomini? Dobbiamo guardare dentro di noi, nel nostro io. Ed è importante far coincidere l’interno con l’esterno, essere veri e sinceri con se stessi. “Predicare bene e razzolare male” porta alla sclerotizzazione del cuore. Se il nostro comportamento lo determiniamo noi, e non gli altri, bisogna mettere in atto scelte che siano proprie, coerenti. Un agire in cui siamo sempre chiamati alla nostra responsabilità. Manteniamo viva la domanda: Di chi siamo?


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